Pietro Bugiani

Artista

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Biografia

Pietro Bugiani nasce a Pistoia il 2 Luglio 1905. Impara dal padre, insegnante di lettere, di violino e pittore dilettante, i primi rudimenti della pittura, seguendolo nelle passeggiate in campagna che era solito fare col pittore Cesare Gonfiantini, allievo di Fattori. La curiosità e il gioco del bambino con la tavolozza e i pennelli si trasformano in una vera passione nell’adolescente. Frequenta così la Scuola d’Arte applicata all’Industria (poi Istituto d’Arte) di Firenze, dove riceve attenzioni di stima dal Prof. Cavalieri e, successivamente, l’Accademia delle Belle Arti (con Felice Carena) e la Scuola Libera del Nudo. Di quel tempo lui stesso scrive “…. Le mie aspirazioni non trovano mai appagamento nelle fredde aule scolastiche: fu per me un’esperienza autenticamente rinnovatrice l’amicizia, nata verso il 1920 con Michelucci…” che lo indirizza allo studio dei Maestri del ‘400, studio che affronta con impegno ed entusiasmo.

Comincia a esporre nel ’24, a diciannove anni, suscitano consensi e incoraggiamenti. Costetti gli scrive una lettera entusiasta. Ottone Rosai vuole conoscerlo e gli presenta gli Artisti del gruppo del “Selvaggio”: A. Lega, G. Morandi, M. Maccari.

Inoltre, se pur molto giovane, le sue frequentazioni dell’ambiente artistico fiorentino gli permettono di conoscere e di essere permeato dagli umori culturali che animavano quella città. In occasione del servizio militare (1925/26) a Torino, l’amico Costetti lo presenta a F. Casorati (nello studio del quale conosce tra gli altri A.Tosi). Il rapporto con questo artista d’avanguardia è determinante per gli esiti futuri della sua pittura. Verso il 1927 soggiorna per un breve periodo a Roma dove esegue lavori di decorazione con Michelucci.

Rientrato a Pistoia, “Bugiani - come ha felicemente notato Mellini - dipinge intorno al 1928 (sono del ’27 il Pomeriggio domenicale; Le Pecorine; Il mulino della Bure) una serie di immagini silenti di paese, bloccati in ore antelucane come intagli di pietre dure, di una intensità alta e segreta, quasi montaliana, che lo pongono certamente tra gli esponenti significativi della pittura in Toscana”. Nel 1928 conosce Ardengo Soffici col quale inizia un’amicizia, basata sulla reciproca stima, che durerà fino alla morte di quest’ultimo.

Dal 1929, anno in cui è invitato alla II Mostra del Novecento Italiano, alterna all’attività espositiva (più volte invitato alle Biennali di Venezia, nel ’40 con una personale, alle Quadriennali di Roma e ad altre rassegne nazionali ed internazionali), lunghi periodi di ritiro durante i quali approfondisce lo studio della pittura dell’800 tenendo “all’espressione genuina (e) spontanea della sua visione naturale”. In questo periodo intesse rapporti con Carrà, De Chirico, Bernasconi, Viani e, intorno al 1933 divenne punto di riferimento per i giovani colleghi che operano nell’ambiente pistoiese e pratese. Successivamente collabora al “Selvaggio” di Mino Maccari e al “Frontespizio” di Piero Bargellini.

Dal 1930 insegna alla Facoltà di Architettura e all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel secondo dopoguerra svolge un’intensa attività di restauro (opere antiche) presso la Sovrintendenza alle Gallerie di Firenze. Dai primi anni ’50 continua la sua attività didattica presso l’Istituto d’Arte di Pistoia e il Liceo Artistico di Firenze, nonché divenne - come lo era stato del resto a principiare dal 1926/27 - punto di riferimento per i giovani artisti emergenti in ambito locale, alcuni dei quali vengono da lui introdotti nello studio di A. Soffici.

Negli ultimi anni, accentuando le peculiarità proprie di un carattere schivo, amante della solitudine e della meditazione, si ritira definitivamente nel privato continuando il suo lavoro di ricerca e sperimentazione unito all’approfondimento e alla interiorizzazione ulteriore di quegli autori che gli sono stati referenti culturali per tutta la vita.

Esposizioni

  1. 1924 - Mostra gruppo della “Fucina” - Firenze.
  2. 1928 - I Mostra Provinciale d’arte - Pistoia.
  3. 1929 - II Esposizione del Novecento a Milano.
  4. 1929 - Mostra nazionale del bianco e nero - Milano.
  5. 1929 - II mostra regionale d’arte toscana - Firenze.
  6. 1930 - IV Mostra regionale d’arte toscana - Firenze.
  7. 1930 - Vincitore a pari merito del Pensionato Italiano della pittura.
  8. 1930 - I Mostra artisti toscani P. Pretorio - Prato.
  9. 1931 - Mostra di artisti Italiani a Berlino “Porza”.
  10. 1931 - I Mostra quadriennale d’arte nazionale - Roma.
  11. 1935 - IV Mostra provinciale d’arte - Montecatini Terme - Pistoia.
  12. 1935 - II Mostra quadriennale d’arte nazionale - Roma.
  13. 1936 - XX Biennale d’arte internazionale di Venezia.
  14. 1938 - VII Mostra d’arte a Montecatini Terme - Pistoia
  15. 1938 - Biennale di Venezia XXI Esposizione internazionale d’arte.
  16. 1939 - III Mostra quadriennale d’arte nazionale - Roma.
  17. 1940 - XXII Biennale di Venezia - esposizione internazionale d’arte - (mostra personale con 15 opere).
  18. 1940 - Concorso nazionale di pittura Martellono indetto dall’Accademia delle Belle Arti di Firenze.
  19. 1940 - Mostra premio Bergamo.
  20. 1941 - Mostra di artisti toscani alla Galleria Grande - Milano.
  21. 1942 - Biennale di Venezia XXII esposizione internazionale d’arte.
  22. 1942 - Mostra personale alla Galleria d’arte Il Ponte - Firenze.
  23. 1943 - IV Mostra quadriennale d’arte nazionale - Roma.
  24. 1943 - Mostra Personale alla Galleria Ciangottini - Bologna.
  25. 1947 - V Mostra Nazionale di arti figurative - Roma.
  26. 1951 - Mostra d’arte figurativa - Pistoia
  27. 1952 - Partecipazione al IV Premio F. B. Michetti.
  28. 1952 - Mostra nazionale d’arte Trieste.
  29. 1952 - Rassegna nazionale del disegno italiano contemporaneo - Firenze.
  30. 1952 - Mostra. Mezzo secolo d’arte toscana - 1901 - 1950 -Palazzo strozzi - Firenze.
  31. 1954 - Rassegna Nazionale del disegno italiano contemporaneo - Firenze.
  32. 1954 - Mostra personale all’Accademia delle arti del disegno - Firenze.
  33. 1956 - Mostra di gruppo di artisti pistoiesi alla Galleria Alibert - Roma.
  34. 1956 - Rassegna nazionale del disegno italiano contemporaneo - Firenze
  35. 1956 - VI Mostra di Pittura contemporanea del premio Valdagno - Milano (premiato per la pittura).
  36. 1959 - VIII Quadriennale d’arte nazionale - Roma.
  37. 1962 - Mostra personale alla Galleria Vannucci - Pistoia.
  38. 1964 - IV Rassegna delle arti figurative - Pisa
  39. 1964 - XV Mostra nazionale premio Il Fiorino.
  40. 1965 - Premio Nazionale d’arte Ardengo Soffici - Prato.
  41. 1967 - Mostra arte moderna in Italia - 1915-1935 - Palazzo Strozzi - Firenze.
  42. 1968 - Mostra di gruppo di artisti pistoiesi alla Galleria del Balì - Pistoia.
  43. 1968 - Mostra personale alla Galleria della pittura toscana - Livorno.
  44. 1968 - Mostra personale alla Galleria Palazzo Vecchio - Firenze.
  45. 1968 - Mostra personale di grafica - Galleria Balì - Pistoia.
  46. 1975 - Mostra personale di grafica - Saletta Galaverni - Reggio Emilia.
  47. 1980 - Mostra “La Città e gli artisti - Pistoia fra avanguardia e novecento” - Pistoia.
  48. 1987 - Mostra del novecento - Galleria d’arte moderna - Firenze.
  49. 1989 - Mostra Accademia d’arte “D.Scalabrino” – Montecatini Terme – Pistoia
  50. 1998 - Mostra Sale affrescate del Comune di Pistoia
  51. Mostra da Turelli - Pistoia
  52. Mostra Valiani - Pistoia

Le Opere di Pietro Bugiani

Il Mulino della Bure Contadina con Pezzola Il Querciolo Chiesa di San Rocco Natura Morta con Bricco L' omino che pesca Natura Morta con Lumi Sera tra i monti (le pecorine) Le due donne Paesaggio Mulino delle Rovinelle Madonna col manto rosso Via di Santomoro Panni al sole Natura morta con conchiglia La passerella La maestra La bure

Maggiori Informazioni

Nel sito sono state incluse solo alcune opere del pittore Pietro Bugiani,
per ulteriori informazioni scrivere a info@pietrobugiani.com

Testimonianze

  • Renato Fondi
  • Giancarlo Vigorelli
  • Giovanni Michelucci
  • Giovanni Costetti
  • Lanza Del Vasto
  • Barna Occhini
  • Nino Bertocchi
  • Ardengo Soffici
  • Pietro Bellasi
  • Gian Lorenzo Mellini
  • Sigfrido Bartolini
  • Lara Vinca Masini
  • Susanna Ragionieri

il cavallino pietro bugiani
Il Cavallino - 1930

… Pietro Bugiani, pittore dall’anima disincantata e mesta, è portato a vivere e lodare la vita di campagna senza intromissioni di teorie, né presupposti estetici. Tra i paesisti toscani egli si isola per la sua volontà di controllare l’ispirazione e incanalarla in una ritmata proprietà di colore che abbia relazione con l’espressione della sua sensibilità umile e mesta di descrittore, elegiaco e sereno, di una campagna che è fra le più canore e clamorose d’Italia, la campagna pistoiese. Paesano, ardito nel piglio e sicuro nel taglio; di toni a volte un po’ cretosi schematico e angoloso, alla Casorati, rispettoso e ordinato nel disegno; egli sembra persuaso che i suoi paesaggi silenziosi più che in una definitiva forma pittorica siano chiusi in una passione di costruire e misurare per altre conquiste, sia pure con qualche puntata polemica, senza perder contatto con se stesso per seguire pregiudizi e presupposti estetici.
Renato Fondi
È di fatto al 1938, forse anzi un paio di anni prima, che risale il mio primo incontro con Bugiani. Erano gli anni del mio e nostro apprendistato letterario sulla rivista di Bargellini, “Il Frontespizio”. In quel ’38, Carlo Bo lesse in Firenze quel discorso, Letteratura come Vita, che fu il manifesto dell’Ermetismo: e in certo modo, noi giovani (allora), Bo, Luzi, Traverso, Macrì, Gatto, Bigongiari, Parronchi, Vigorelli, prendemmo le distanze da Papini e allo stesso Bargellini e più avanti dal Barna Occhini, dichiarando un distacco e alla fine una rottura con quella vecchia guardia, tirando pressappoco dalla nostra parte Betocchi e Lisi, e sul piano delle arti Manzù, Tomea, Rosai, e a latere in drappello di “Arte Cattolica”.
Per carità, non sto tracciando la storia (né il leggendario) de “Il Frontespizio”, che è gia stata appuntata nel ’48 in un libretto della Columbia University, Not for Art’s Sake; nel 1961 usci l’antologia di Fallacara, Il Frontespizio 1929/1938, che ha il torto di documentare scarsamente l’apporto degli artisti che vi approdarono, da Parigi, a Rosai, a Garbari, a Bartolini, a Viani, a Manzù. Fu allora, ad ogni modo, che incontrai, rivisto inoltre alle “Giubbe Rosse”, il nostro Bugiani: ed ora mi domando, ma non so rispondere, se fosse parente di quell’Arrigo Bugiani, frontespiziario, maremmano autore de La festa dell’omo inutile.
In quegli anni, scrittori e pittori vivevano quasi in sodalizio. Ai caffè milanesi, romani , fiorentini, Carrà stava con Bachelli, Spadini con Cecchi, Soffici con Papini: i giovanissimi poi –valga per tutti l’esempio di “Corrente”- convivevano spalla a spalla, spartendo fame e lavoro. Quando si inaugurava la Biennale o la Quadriennale, era festa unica, tanto erano parallele le loro vite. Non distinguo bene i ricordi, a tanti anni di distanza, a ricordo d’avere visto opere di Pietro Bugiani alla Biennale del ’38, più ancora nel ’40. Nel ’56, vincitore anch’io di un premietto di letteratura, avevo assistito alla sua vittoria del gran premio di pittura a Valdagno. Si dirà, giustamente, che tra me e lui sono stati incontri lontani, e saltuari. Ma un pittore, quando era nell’occhio, vi resta; e sfogliando gli album del suo lavoro oramai di sessant’anni – nel ’29 infatti Bugiani era presente all’Esposizione del Novecento, in Milano – ho potuto prendere atto dell’intera parabola crescente che lo lega al meglio della pittura italiana contemporanea, segnatamente di quella stagione toscana che ha in Soffici l’esponente più alto, tanto sul versante dell’avanguardia quando del “ritorno all’ordine”.
È in questi stessi solchi che va veduta, rivisitata, apprezzata l’opera di Pietro Bugiani. In Partenza, le sue radici sono da ricercare tra i macchiaioli, tra Fattori e Lega; ma, mentre sino a una ventina d’anni fa, si parlava con degnazione riduttiva, e netta limitazione, dei macchiaioli, oggi la critica ha quasi capovolto la situazione, spingendosi addirittura a individuare non poche affinità (in minore, se non in maggiore) con gli impressionisti. Ed è appunto ai macchiaioli di qualità, che Bugiani si ispirò ai suoi esordi, beninteso portando però nel sangue l’eredità della grande pittura toscana trecentesca e quattrocentesca.
Mi servo di un esempio, quanto meno di un richiamo: pensiamo, anche se fuori dall’area toscana, a Carrà che sa coinnestare una sua (e generazionale) avanguardia con un riapproprio, non casual, anzi significativo, di elementi e risultati che risalgono a Giotto. Di Giotto, Carrà già ragionava su “La Voce” nel ’16, Parlata su Giotto, e nello stesso anno di Paolo Uccello. Soffici, in pieno futurismo e lacerbismo, spesso lasciava cadere, portandoli in alto, i nomi di Giotto, Masaccio, Michelangelo: l’arte vera, è pur sempre – ringraziamo Malraux – un “museo immaginario”.
Non sorprende quindi, anzi è nella logica, alla stessa stregua, creativa e critica, che anche Bugiani abbia saputo derivare da modelli classici – Giotto, Duccio, Angelico, Lorenzetti, Pietro della Francesca – la “modernità” della sua pittura. È proprio sul fondale di una tradizione senza retorica, che ho potuto articolare le varie fasi di ricerca e di risultanza di una pittura, autonoma, e pur collegata, che ha percorso senza sbandamenti un po’ tutte le esperienze del nostro secolo in franca trascrizione italiana. Certo, oggi, a frontiere ovunque aperte, può sembrare riduttivo che Bugiani, e primamente Soffici, del quale il Bugiani si è sempre trovato ad essere in stretta discendenza (ma non in dipendenza), abbiano militato, si direbbe, sotto bandiera italiana, e addirittura sotto l’insegna granducale dell’arte toscana. Se una costante avvolge l’opera di Bugiani è proprio questa libera obbedienza, direi alla pari, tanto alla natura quanto all’arte della terra toscana.
E, sia chiaro, questa non è una limitazione: perché la fedeltà non è mai un limite. Ogni artista, d’altra parte, anche nelle sue avventure più eversive, si muove pur sempre dentro un proprio anello di Saturno che salvandogli la sua libertà non gliela sbanda, non lo fa deragliare, anzi lo collauda. Si dia un occhiata anche a certi suoi quadri di evidente trapianto futurlacerbiano: oggi, a riguardarli criticamente, non stridono, non restano appartati , si incorporano alle opere venute dopo, quelle della maturità, quelle della tuttora fervente longevità del caro Maestro pistoiese.
Che serena carriera, e quanta felice coerenza. Il suo nome, senza nessuna spettacolarità guastante, prende posto variamentetra i comprimari toscani degli ultimi cinquant’anni, da Soffici a Viani, da Carena a Rosai. A quando – come si è fatto di recente con la bella retrospettiva della Scuola Romana – una selezionata mostra storica dei maestri della pittura toscana del Novecento? È una rivisitazione da fare, non per vani e assurdi campanilismi, ma al contrario per una reinterrogazione delle radici antiche che stanno dietro a tanta nostra arte moderna, e di conseguenza per valutare più in profondità la legittimità delle non gratuite esperienze dell’arte del nostro tempo.
Giancarlo Vigorelli

nativita pietro bugiani
Natività - 1928

…Incontrai per caso Pietro Bugiani, non ricordo più in quale lontano anno, alla scuola d’arte di Santa Croce di Firenze. Poiché Bugiani studiava pittura, volli sapere quali erano gli artisti antichi e moderni che più lo interessavano. Così venni a sapere che, malgrado la scuola fosse a due passi dagli affreschi di Giotto, gli studenti non li conoscevano. La sola pittura cui erano interessati si riferiva in particolare ai cosiddetti “moderni”, quali Chini e Nomellini.
Parlammo a lungo e alla fine del dialogo arrivammo a una conclusione per me importante e cioè che Pietro si era deciso ad abbandonare le aule scolastiche per affrontare uno studio assai più approfondito su ciò che è veramente moderno: su Giotto e la natura.
Da questo momento ebbe inizio la mia amicizia con Pietro, un’amicizia che ha conservato nel tempo la sua pienezza affettiva e lo stesso interesse ad ogni scoperta culturale.
Oramai rare sono le occasioni che ci consentono di riprendere i nostri colloqui, le nostre passeggiate, le nostre scoperte, l’avvicendarsi delle stagioni, che cosa rappresenti per noi questo dialogo continuo della pittura con la natura, il nostro continuo riferirsi a Giotto che ci ha formato umanamente e culturalmente, che ci ha fatto comprendere il senso e l’unità degli spazi e delle forme…
Giovanni Michelucci

il lavatoio pietro bugiani
Il Lavatoio - 1927

…Devo subito dire che il giovinotto colpito d’accusa di cèzannismo non ha nulla a che fare con Cèzanne del quale quasi ignora l’esistenza. Pietro Bugiani, il men che ventenne colpevole, è pistoiese e sino a ieri giurava per Nomellini. Da ieri, dietro insegnamento d’un fratello architetto (Giovanni Michelucci) egli va nelle nostre gallerie antiche a studiare Giotto, Angelico, Masaccio e Castagno. Questo amoroso pellegrinaggio lo conduce a una concezione pittorica notevole, a una larghezza e nobiltà di visione tutta paesana che già riscontrai in un altro giovane artista pure pistoiese spento a vent’anni (Nannini) che avrebbe dato molto all’arte. Pietro Bugiani sa già cosa sono la semplicità, la freschezza, la sintesi, il lirismo. Lo sa come difficilmente lo può sapere un suo coetaneo che pure senta molto l’arte. I suoi cinque paesaggi sono franchi, chiari, composti, da toscano del buon tempo. (…) Bugiani è un giovanotto che se guarda sereno e vede ampio si sgola nel colore. Bella è la sua tavolozza, e di questo se ne è accorto meglio di altri illustri critici il sofficiano Achille Lega.
Giovanni Costetti

madonna in preghiera pietro bugiani
Madonna in preghiera - 1931

… È decoratore per vocazione, ed in tale sua qualità ha espresso il disegno e la pittura. “Ma il gusto della gente d’oggi – egli dice – è così strano che mi sento umiliato quand’ho compiuto, secondo le indicazioni del committente, un affresco per una banca o per un altro pubblico edificio. Se mi si desse un muro, lasciandomi dipingere a mio talento, lo farei gratuitamente e per l’amor di Dio”. Malcontento dell’andamento del suo lavoro, conobbe il pittore Giovanni Costetti, le cui pitture religiose furono per lui una rivelazione. Costetti comprese il non comune talento del Bugiani, lo incoraggiò e lo consigliò considerare anzitutto gli affreschi delle vecchie chiese; ed è ciò che egli ha studiato soprattutto. I critici tedeschi sono nel vero: in questo giovane artista si ritrovano molto i vecchi maestri toscani, con la loro pietà, la loro semplicità, la loro forte chiarezza, la loro tenerezza, il loro istinto sicuro. Egli è in pittore di affreschi ed un lavoratore come loro; come essi, egli deriva dal popolo. Bugiani rimane affreschista sia che dipinga a matita, oppure ad olio o ad acquarello; egli possiede quell’ampiezza sintetica di composizione, quella tecnica rapida e scorrevole proprie di chi deve coprire grandi estensioni, prima che la calce sia secca. Egli ama i colori puri, freschi, canori, di cui si dilettavano Giotto, Duccio e il Beato Angelico. Bugiani piace anzitutto come artista popolare per mezzo della sua non falsata semplicità, ma egli è un artista perfetto e di gusto squisito. È disegnatore di somma abilità, senza che questa lo sorprenda a tradimento. Conosce i colori e sa trarne ogni effetto. I suoi toni sono giusti, mossi e sentiti; egli è veramente un artista moderno. Nessuna fotografia può dare un riflesso della uce viva del mantello rosso di una delle sue Madonne, che tra monti grigi e bruni, se ne stanno inginocchiate sull’erba nuda, illuminata da ciottoli lilla. L’erba ed altri particolari sono disegnati non infantilmente come in una miniatura, ma con particolari colpi di pennello, con esattezza facile. Pietro Bugiani è in tutto, come il vecchio popolo toscano da cui deriva, riservatoe calmo nell’impeto, e sempre misurato. Ha soprattutto trovato la misura nel punto essenziale; la misura precisa fra lo stile e la natura dell’arte. “Dobbiamo fare come se ci allontanassimo un poco dalla natura, affinché essa venga a noi”, egli dice.
Lanza Del Vasto

l'attesa pietro bugiani
L'Attesa - 1932

… Dinanzi a Bugiani subito ci sgombriamo di qualsiasi differente riserva. La sua pittura è senza sottintesi; non ha la pretesa del doppio o del triplice fondo. Invita ai modi aperti. Altre volte si è quasi fatalmente trascinati ai giochi di prestigio sui presupposti, che sono presupposti letterari, di magia, surrealismo, metafisica, primordialismo e simili. Qui no. Se il critico anche con Bugiani vuole valersi di quei termini, deve prenderli nella loro accezione più elementare, più spogliata, cioè quali metafore per indicare nient’altro che quel trascendimento del reale che si opera in ogni autentico artista. Al critico sensibile e di gusto la poesia di Bugiani, se c’è, si scopre in una verità semplice e immediata, se non ci sarà, non ci sarà irreparabilmente, voglio dire non ne sarà camuffata la vacuità dietro i tanti surrogati di moda, che tutti conosciamo. Ma, nel fatto, nella migliore pittura di Bugiani la spinta poetica si sente ben viva, e tuttavia rattenuta, per così dire meditata, silenziosa e dolce e si esprime ora in delicate ora in intense squisitezze, in rapporti e accordi formali e tonali pieni di nascosto fremito; attraverso uno stile riccamente elaborato spandono i suoi paesi, le sue figure e le sue nature morte un’intima e quieta luce spirituale…
Barna Occhini

alba pietro bugiani
Alba - 1928

… Pietro Bugiani sa ancora vedere nella apparente semplicità di un motivo di paese o di un atteggiamento umano una complessità di rapporti, una ricchezza di echi, d’interferenze, che bastano da sole a eccitare la fantasia pittorica. Non occorrono difficili discorsi per presentare questi suoi “paesi” così intimi e ricchi di notazioni sensibili; queste sue “Figure pacate e grevi come tutte le orme naturali pateticamente calate nel loro alveo originario: occorre soltanto un’adesione cordiale, una testimonianza di solidarietà fra gente che di pittura s’intende.
Nino Bertocchi

il mugnanio pietro bugiani
Il Mugnaio - 1923

… Parecchi anni fa scrivevo che per essere un vero artista (e allora intendevo pittore) occorrevano cinque requisiti: possedere un’anima poetica, amare la natura, saper comporre, saper disegnare e saper dipingere. Ora il pittore Pietro Bugiani è uno di questi. Il suo spirito è nativamente poetico, cioè contemplativo, sensibile, disinteressato davanti al fenomeno ch’egli Considera piuttosto come un miracolo che come un complesso di elementi fisici materiali variamente apprezzabili, utilizzabili, e magari sfruttabili ad altri fini che non siano puramente poetici. Egli ama la natura visibile, come prima sorgente di ogni emozione e immagine di bellezza, di ogni sentimento lirico e massimo stimolo alla fantasia creatrice. Egli sa disegnare, sa comporre e sa dipingere. E tutto ciò che dico è dimostrato, sia dall’aura, dai colori caratteristici di questi paesi, della collina, della valle, della pianura del suo Pistoiese, sia dal taglio e dal sapore delle sue nature morte, sia, infine, dalle sue figure così onestamente studiate e plasticamente trattate…
Ardengo Soffici

rientro a sera pietro bugiani
Rientro a sera - 1963

…Nell’attuale confusione di cose e di idee, la Pittura di Pietro Bugiani ci porta il messaggio promettente di una equilibrata, virile problematica spirituale. Ha, questo pittore, grandissime qualità, contradditorie soltanto per chi non riesca ad intuire la ancora timida e soffocata richiesta esistenziale di una spiritualità che, proprio nell’affondare le sue radici, profondamente, nella realtà oggettiva di una “terra natia”, come direbbe lo Spranger, trova la forza necessaria per abbarbicarsi anche al cielo dell’universale. La conoscenza e l’amore anticamente toscani delle forme e del peso degli uomini e delle cose nello spazio, costituiscono per Pietro Bugiani una sorta di solida ceppaia dalla quale inizia un lungo processo, profondamente sofferto, paziente, onesto, come quello di un artigiano antico. Gli uomini e le cose perdendo ogni loro contingenza, ogni loro momentaneo legame a quel particolare tempo e spazio, si distillano, si essenzializzano fino a raggiungere l’unità assoluta in una visione liricamente cristallina. L’unità fondamentale della materia e della vita, che si rivela solo in una spiritualità non rarefatta, non bizantina, ma ripeterei senz’altro toscana, trova in Pietro Bugiani il canto accordato ma sereno dei colori puri racchiusi in un disegno puro, carico di solidi contenuti plastici… Proprio in questa ricerca di un equilibrio esistenziale e dialettico tra materia e spirito è la modernità dell’arte di questo pittore e la sua polemica in un mondo che con gli opposti sistemi ha innalzato agli altari il primo di questi due poli che in Bugiani appaiono come sistole e diastole di una vita intimamente unitaria…
Pietro Bellasi

testa giovane di contadino con cappello pietro bugiani
Testa di giovane contadino con cappello - 1927

…Pietro Bugiani esordisce con uno stile nettamente archeologizzante (disegni in punta di lapis velati a tempera, 1923/1924, con evocazioni da Andrea del Castagno e Fra Bartolomeo), che lo individua chiaramente da Achille Lega, da Rosai, dei quali condivide il gusto per la rappresentazione del passaggio rurale toscano e delle sue arcane misure, come dal Soffici, del quale ebbe adottare in seguito il liquido pittoricismo, e infine dal movimento di “Strapaese” e del “Novecento”, colle cui frange ebbe poi a collegarsi. Seguendo codesta personale sorgiva ricerca, dietro lo stimolo soprattutto letterario del silenzio e della concentrazione, Bugiani dipinge intorno al 1928 una serie di immagini silenti di paese, bloccati in ore antelucane come intagli di pietre dure, di una intensità alta e segreta, quasi Montaliana, che lo pongono certamente tra gli esponenti significativi della pittura toscana.
Gian Lorenzo Mellini

paesaggio con case pietro bugiani
Paesaggio con case - 1924

…Certo è che i nostri artisti pensano al mondo esterno con il sospetto dell’eremita e al successo con il distacco del poeta e lo aspettano, se vuol disegnarsi, sull’uscio di casa. Sublime sdegno e innocente pigrizia, forse le due cose convivono spalleggiandosi a vicenda, ma la seconda ha un peso determinante e responsabilità non indifferenti. Eppure Bugiani ha la ventura di poter avvicinare i maggiori autori dell’arte del Novecento, incontra Casorati e Carena, Morandi e Carrà, Rosai e Bernasconi, mentre con Soffici imposta un sodalizio che si protrarrà negli anni. Da tutti riceve attestati di stima, inviti a mostre, associazioni e cenacoli, ai quali risponderà partecipando si, ma senza troppo sbilanciarsi, senza mai rinunciare al proprio mondo privatissimo, fatto d’intimità campestri, di riservatezza paesana, quasi di selvatica scontrosità. Bisogna immaginare Pietro Bugiani come un trovatore antico che abbia elevato a dignità di castelli le case dei contadini e vada cantando la sagra delle stagioni senza curarsi di chi lo ascolta, o se, addirittura, qualcuno ci sia ad ascoltarlo; perché il fine, la ragione del canto la trova in se stesso e l’unico problema è quello della ricerca dei mezzi sempre più idonei al proprio lavoro…
Sigfrido Bartolini

madonna con manto rosso pietro bugiani
Madonna col Manto Rosso - 1931

…Appartiene al periodo di lavoro del Bugiani nel quale si avvicinava con maggior interesse alla rappresentazione della vita umana, in particolare di coloro che lavoravano in campagna, espressa nella sua condizione, cioè rivolta più all’uomo che al paesaggio, trovando peraltro un suo modo particolarissimo di rappresentarlo, che riesce a cogliere la vita senza affondare in quel “naturalismo” che invece Costetti gli rimprovera: “L’ ora estrema del naturalismo è venuta e tu ti imbarchi con lui”. Ma quello che Bugiani raggiunge non è affatto “quel” naturalismo; ho parlato infatti di “realismo magico”. Il suo “non finito” che egli estende a molte opere di questo periodo (Contadini al lavoro 1930 ca, L’Appuntapali, 1930) trova a mio avviso, il suo punto più alto proprio in questa Madonna col manto rosso, che sembra portare a sublimazione la lezione dell’Angelico, di Piero della Francesca(col netto taglio nero dal quale esce la mano della Madonna che chiaramente allude al taglio bianco nel grembo della Madonna del parto), di Matisse e dei Nabis nell’à plat timbrico del manto rosso e della montagna bruna retrostante, che è quanto di più lontano ci sia dal naturalismo, i passaggi di colore, dal sabbia delle rocce sulle quali siede la Madonna, al fondo piatto nel suo marrone uniforme come lo è il rosso del manto. Non posso non pensare che questa opera possa degnamente collocarsi tra le più grandi del primo Novecento italiano.
Lara Vinca Masini

la quiete domenicale pietro bugiani
Quiete Domenicale - 1927

I “puri di Pistoia.
L’autunno del ’27 ebbe giornate terse e dorate; appena tornato da Roma, Bugiani si ritrovò immerso nel silenzioso miracolo della campagna, e, in una sorta di stato di grazia, dipinse uno dopo l’altro, un piccolo gruppo di capolavori: Quiete domenicale, Riflessi, Il mulino della Bure. Com’era sua abitudine, ne aveva prima tracciato degli squisiti disegni preparatori, vivi nel più piccolo particolare, e saldi nella composizione generale; questa volta però, il nitore suggerito dal segno era passato alla materia stessa della pittura, illuminandola dal di dentro di una luce fresca e profonda, che rischiarando i piani larghi delle superfici, d’intonaco o d’acqua, oppure vibrando sulle groppe tondeggianti delle montagne, creava un insieme dall’aspetto di gemma pura e vellutata. Con una pittura infinitamente paziente, fatta di velature e condotta in punta di pennello, egli estraeva così, dal paesaggio che ben conosceva, quei nuclei poetici che non avrebbe più abbandonato: il legame fra la casa e l’acqua,quello fra gli alberi spogli e l’argine, infine, la quieta unione fra la semplice architettura rurale e la mole fulva delle colline, talvolta illuminate dal sole declinante, contro un’alta e sottile striscia di cielo. ………
Quando Costetti vide questi quadri rimase stupefatto dal balzo compiuto dal giovane, conn un coraggio che non aveva uguali fra i suoi coetanei; “partendo da una intuizione più che da una costante volontà di ragionamento”, Bugiani non aveva avuto paura di fare silenzio intorno a sé, aspettando che le cose gli si rivelassero solo attraverso la pura contemplazione, per “immedesimarsi con esse e sentirne, a sua volta, tutta l’essenzialità”. In questo modo ogni residuo di impressionismo sembrava svanito a favore di quegli elementi “fantastici”, ovvero trasfiguranti, di cui Costetti auspicava l’avvento. E scriveva a Bugiani: “Mi piace constatare che tu non sei un pittore passivo della natura, ma creatore d’essa. E ricorda che Giotto era un divinatore, Raffaello un esaltatore, Michelangelo un agitatore e che nessuno dei grandi è un naturalista” ….
Susanna Ragionieri

Album di Famiglia

Famiglia Bugiani 1915
Ferdinando Bugiani, Maria Giulia Arcangeli ed i figli Pietro, Fabio, Elena.

Pietro Bugiani nel 1921

Pietro Bugiani 1971 a “La Treggiaia”

Autoritratto 1924